“E se ti mostro il mio lato oscuro
mi stringerai ugualmente questa notte?
E se ti apro il mio cuore e ti mostro il mio lato debole, che cosa farai?”
(Pink Floyd)
“La nostra vita non è dietro a noi,
né avanti, né adesso,
è dentro”.
(Jacques Prévert)
“La guerra muta la vita morale d'un popolo,
e l'uomo, al suo ritorno,
non trova più misure di certezza
in un modus di vita interno,
dimenticato o ironizzato
durante le sue prove con la morte”.
(Salvatore Quasimodo)
“Rainballs” (prima parte), è una pioggia senza sosta che cade nella metafora come gocce colorate e poi tempesta. Le palline dei giocolieri si muovono e si trasformano, bombe e proiettili prendono forma, gli ombrelli si aprono, il volo accompagna acrobati e clowns tra le stelle e le lacrime, la morte osserva, la vita si allontana, la speranza la insegue, suoni e rumori si mischiano, come i pensieri in attesa di risposte. La pioggia ormai impazzita rimbalza insistente nella mente dei protagonisti ma il loro cuore, intimo e segreto, nonostante tutto pulsa ancora d’amore.
“Rainballs” (seconda parte), rappresenta anche la pioggia delle contraddizioni, tra ideologie e vessilli, la guerra come esperienza piena di ambiguità, un intreccio di distruzione e profitti, di militari poi mercenari, un momento di trasformazione delle identità individuali e collettive, dove il soldato, scivolando nella follia, si incrina e si sdoppia, tra un io civile e un io militare e l’incontro con la morte per lui ha diversi significati, la morte come fine ultimo (fisica) e la morte come distacco dalla propria vita (psicologica interiore).
Amore e guerra, morte e follia, osservano e a volte ci sorprendono. In amore e in guerra tutto è lecito? Una citazione, una costante che si ripete, un’eco nello spettacolo, una pioggia dolce e buona, una tempesta che si vuole evitare. Ma dunque quale guerra? Una guerra tradizionale o di tipo nuovo e inedito che scorre dentro i protagonisti, dentro di noi?
Ispirato dai testi e dalle musiche dei Pink Floyd, in gran parte reinterpretate in chiave jazz da Rita Marcotulli, e suggestionato dalle poesie di Jacques Prévert e Salvatore Quasimodo, lo spettacolo, poetico e surreale, si snoda tra le tematiche dell’amore, della guerra, del dolore esistenziale e della morte. Il titolo fonde la pioggia (rain) che bagna i campi di battaglia reali e interiori, con le palline (balls) portatrici di destino che bombardano e volteggiano sui corpi dei protagonisti.
Tra ironie, emozioni, giocolerie, danze e funambolismi, la vicenda di un innamorato-soldato-reduce, evocata più che descritta, suggerisce gli eterni conflitti tra le contraddittorie identità che conducono l’uomo ad affezionarsi ai processi della propria distruzione piuttosto che all’accettazione del proprio destino, percepita come rassegnazione.
Lo spettacolo intende rappresentare una libera riflessione sui temi complessi che sono generati da ogni conflitto e lascia all’esperienza emotiva del pubblico la ricerca di una chiave interpretativa.